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L’intelligenza è ancora umana?

Le narrazioni dominanti continuano nel perpetuare disuguaglianze. Ma oggi la disuguaglianza sta cambiando forma.
O meglio: sta diventando algoritmica.

Le caste legate a finanza che mirano al profitto deregolamentato, in posizione di superiorità, intendono sostituire le persone con strumenti instancabili e più redditizi con la scusa che manca la forza lavoro, è un passo avanti rispetto alla selezione umana?

 

Chi investe nell’Intelligenza Artificiale non lo fa (nella maggior parte dei casi) per liberare l’uomo dal lavoro, ma per massimizzare profitti, abbattere costi, automatizzare il controllo.

E chi può permettersi di farlo? Sempre loro: l’1%, la stessa élite che prima sfruttava la forza-lavoro fisica e oggi programma agenti digitali per sostituire quella mentale e relazionale.

Etimologia come rivelazione:

• Intelligenza

viene da inter-legere:
saper leggere tra le cose. Un atto di discernimento, relazione, empatia.

• Artificiale

viene da ars:
è opera dell’uomo, sì, ma sta sostituendo l’uomo stesso.

• Robot

deriva da robota:
“lavoro forzato” in slavo. Già in origine evocava sfruttamento e ribellione.

• Cibernesi (κυβερνησις),

per i greci, era “governo di sé e della nave”: arte della guida consapevole. Oggi invece è un sistema di automazione cieca.

 

E così, ciò che nasceva come tecnologia al servizio della comunità, oggi rischia di diventare strumento di esclusione.

L’AI promette di “liberarci dal lavoro ripetitivo”, ma poi non offre alternative reali.

Sostituisce il lavoro intellettuale svalutando i professionisti, affidando la creatività a sistemi predittivi, o peggio, a mediocri “copiloti” umani.
Trasforma l’efficienza in ideologia, il margine di profitto in misura del valore umano.

In questa logica, l’essere umano diventa rischio, scarto, anomalia, mentre l’algoritmo diventa il nuovo standard.

Non è solo un problema economico. È un problema filosofico, etico, politico.
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Il nuovo classismo non si basa solo sul denaro, ma sulla capacità di essere sostituiti da una macchina.

E allora chi non è più necessario… viene escluso.

  • lavoratori manuali vengono automatizzati.
  • lavoratori creativi vengono imitati.
  • lavoratori relazionali vengono simulati.

E il capitale continua a concentrarsi nelle mani di pochi, mentre le persone perdono senso, ruolo, identità.

Serve un nuovo patto,

che affermi che:

  • l’umano è più del suo output.
  • l’intelligenza vera non si riduce a calcolo.
  • la comunità viene prima dell’efficienza.

Solo così potremo immaginare un domani in cui il lavoro non sia più uno strumento di dominio, ma una forma di appartenenza reciproca, partecipata, libera.

Finché non sarà così, continueremo a rischiare la sostituzione e l’impoverimento

…mentre chi può davvero permettersi di non lavorare, sta già progettando come sostituirci.

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