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Cartolarizzare o Comunitarizzare? Una nuova via per il diritto alla casa in Italia

In un’Italia che si confronta con sfide enormi come la rigenerazione urbana, l’efficienza energetica e la mobilità residenziale, la proposta di Assoimmobiliare di espandere la cartolarizzazione immobiliare guarda ancora una volta solo all’interesse dei grandi capitali.

Cosa è la cartolarizzazione

è un meccanismo con cui una banca o un’altra società prende un insieme di beni o debiti (come prestiti o immobili) e li “trasforma” in titoli finanziari.

Questi titoli vengono poi venduti a investitori, tramite fondi, che in cambio ricevono ogni mese una parte dei soldi generati da quei beni (ad esempio gli affitti o le rate dei prestiti). In questo modo, chi possedeva quei beni o crediti ottiene subito denaro, mentre gli investitori guadagnano nel tempo.

La proposta di Assoimmobiliare

Il Quaderno 14 di Assoimmobiliare è tecnicamente solido e ben costruito, ma esprime una visione palesemente finanziocentrica, dove la rigenerazione urbana è un’opportunità di rendimento prima ancora che una responsabilità civile e sociale.

https://www.assoimmobiliare.it/wp-content/uploads/2025/05/Cartolarizzazioni-Immobiliari_Quaderno14.pdf

La proposta mira a permettere a più soggetti (non solo banche) di usare le cartolarizzazioni per gestire crediti deteriorati e immobili pignorati tramite SPV (società veicolo) e asset manager per gestire patrimoni, riscossione, valorizzazione. Con l’idea di estendere l’uso delle SPV a progetti di housing sociale, Build to Rent, studentati e di ridurre le imposte ipotecarie e catastali alle SPV che usano asset manager regolamentati, per renderle più convenienti.

 

A cosa serve la cartolarizzazione?

  • Trasformare beni illiquidi (come immobili) in liquidità immediata.

  • Spostare il rischio finanziario dagli enti originari agli investitori.

Rischi della cartolarizzazione di immobili

  • Speculazione e concentrazione della ricchezza: trasformare il patrimonio immobiliare in titoli finanziari accessibili solo a fondi e investitori professionali rischia di sottrarre ancora più patrimonio alle famiglie italiane, che hanno storicamente una forte tradizione di proprietà privata.

  • Esclusione sociale: nuove abitazioni, studentati e affitti Build-to-Rent nei centri urbani potrebbero essere inaccessibili ai redditi medi e bassi, aggravando il problema dell’emarginazione abitativa.

  • Abbandono delle aree interne: gli investimenti si concentreranno nelle città profittevoli, mentre i paesi e le periferie italiane continueranno a svuotarsi, lasciando interi territori senza prospettive.

  • Fragilità del sistema: in caso di crisi finanziaria, la cartolarizzazione immobiliare potrebbe aggravare gli effetti sociali (come già visto con i subprime negli Stati Uniti nel 2008).

 


Una visione alternativa: il diritto alla casa come leva di sviluppo

Serve una visione diversa, basata su questi pilastri:

1. Promozione della proprietà diffusa e dell’affitto con riscatto

  • Incentivare affitti a riscatto calmierati, che permettano a chi paga un affitto di diventare proprietario in 10-15 anni.

  • Creare fondi pubblici e cooperativi che sostengano il primo acquisto di giovani coppie, lavoratori precari, famiglie monoreddito.

2. Valorizzazione del patrimonio edilizio esistente

  • Incentivi non per demolire e ricostruire speculando, ma per ristrutturare le case esistenti in modo sostenibile ed economico.

  • Rilancio delle case nei piccoli centri con piani di rigenerazione a misura di comunità.

3. Ripopolamento delle aree interne

  • Progetti di smart villages: piccoli comuni con servizi digitali, coworking, scuole efficienti e collegamenti rapidi ai centri urbani.

  • Politiche di credito agevolato per chi si trasferisce in comuni sotto i 5.000 abitanti.

4. Tutela degli inquilini con sistemi cooperativi di garanzia

  • Creazione di cooperative abitative che offrano:

    • Garanzie di pagamento agli inquilini in caso di perdita temporanea del lavoro.

    • Fondi di solidarietà per sostenere le famiglie in difficoltà.

    • Gestione condivisa di immobili con modalità partecipative e non speculative.

5. Affitti realmente equi e sociali

  • Creazione di canoni calmierati in base al reddito reale, non ai valori di mercato drogati dalla speculazione.

  • Valutazione dell’accesso alla casa come diritto sociale e non solo come opportunità di business.


Considerazioni

Questo approccio, basato sull’attrazione di investimenti istituzionali e sulla finanziarizzazione degli immobili, potrebbe infatti aumentare la gentrificazione, escludere i cittadini comuni dal diritto alla casa e accentuare la desertificazione delle aree interne.

La casa non deve diventare solo un asset finanziario, ma rimanere un diritto fondamentale e una leva di benessere sociale.

Il futuro dell’abitare in Italia non può essere lasciato solo alla logica finanziaria.
La casa deve tornare ad essere un diritto universale, non un prodotto da scambiare sui mercati internazionali ma tema di uno stato sociale che tutela i propri cittadini e garantisce loro una vita dignitosa.

La rigenerazione urbana, la transizione energetica e la valorizzazione territoriale possono essere raggiunte con un modello di economia comunitaria che:

  • Favorisca la proprietà diffusa.

  • Riattivi il patrimonio edilizio storico.

  • Sostenga chi lavora, studia, cresce, si cura in Italia.

Non servono solo cartolarizzazioni. Serve più sovranità di stato rispetto ai condizionamenti sovranazionali e finanziari e una vicinanza e alleanza tra politica e cittadini, comunità e territorio.

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